domenica, dicembre 10, 2006

SUGHERA; un albero, una terra

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La distrubuzione della quercia da sughero in Sardegna non dipende soltanto da fattori edafici, ma anche da ragioni economiche che ne incentivano lo sviluppo di determinate aree. Se le zone d'impianto tradizionale risoltano essere la Gallura e il Nuorese, oggi troviamo ampie sugherete pure nella Barbagia e nel Logudoro, e in certe parti del Sulcis e dell'Iglesiente.

"Bande di ladri assaltano le sugherete. Questa la singolare notizia che arriva dalla Barbagia e dal Mandrolisai. Invece di depredare il bestiame, ora i malfattori si dedicano a scortecciare le quercie." Segno inequivocabile che coltivare il sughero rende.

giovedì, maggio 11, 2006

TINNARI

Un punto panoramico notevole è costituito dal Monte Tinnari, che domina l'omonima spiaggia da sud-ovest. Vi giunge una strada sterrata (segnalata lungo la S.Teresa - Castelsardo) che consente dunque di ammirare facilmente tutta la costiera di Trinità D'Agultu: verso ovest, la punta Li Cannedi, L'Isola Rossa e Castelsardo; verso est, Cala Tinnari e la Costa Paradiso, frammentata in migliaia di scogli.
A piedi, con questa stessa strada, si può raggiungere anche la spiaggia Tinnari...
Questa è un'insenatura che si forma allo sbocco sul mare di un torrente, il Riu Pirastru, che ha eroso profondamente le colline di porfido rosso. La spiaggia è dunque costituita da piccoli ciottoli di porfido perfettamente arrotolati, ed il suo soggettivo "doppio arco" è segnato al centro da un grande scoglio.



martedì, marzo 21, 2006

Quando il mare si arrabbia... con il Maestrale...

Nord Sardegna
La Marinedda con un forte Maestrale...
Paesaggio con la Torre Aragonese e l'Isolotto...

A pelo dell'acqua rischiando un bel bagnetto...

Le scogliere di Cala Rossa...

A Caneddi...

giovedì, febbraio 23, 2006


Quando il vento si fa scultore

È l’erosione a plasmare i graniti della Gallura: piccoli e grandi blocchi arrotondati scavati e scolpiti dai tafoni, (lu tavoni, in gallurese) disegnano gli scenari dell’interno e lungo le coste. I primi sono il risultato dell’erosione nel sottosuolo, che agisce sulla naturale fessurazione della roccia (1). L’acqua circola nelle fratture e dissolve e disgrega la roccia formando depositi di detriti (2). Quando i detriti vengono asportati dal dilavamento, rimangono solo i massi arrotondati, accatastati gli uni sugli altri (3) e spesso soggetti a ulteriore erosione con un processo di desquamazione, “a pelle di cipolla”. I tifoni si formano invece in ambiente aereo (4): è l’azione combinata del vento e dell’acqua salata a scavare la dura roccia. Il vento accelera l’evaporazione e quindi il deposito di cristalli di cloruro di sodio che, aumentano di volume, disgregano la roccia. Il processo inizia con l’esportazione di un primo cristallo: si crea così una piccolissima nicchia che progressivamente s’ingrandisce verso l’altro, per desquamazione della volta.

lunedì, febbraio 13, 2006

Spettacolo Sottomarino
Tutto il meglio dei fondali più scenografici del Mediterraneo


Immergersi in Sardegna è il sogno di molti sub, attirati da pareti ricchissime di vita e di colore, da una fauna stanziale e di passo incredibilmente ricca, che si muove in un’acqua limpida e cristallina. Tra le decine d’immersioni. Le più intense e spettacolari sono:

Capo Testa- Santa Teresa di Gallura (SS)
Secca delle Cernie. In pieno Canale di Bonifacio, questa secca leggendaria rappresenta un must delle immersioni, con pareti e massi granitici che si sovrappongono formando cunicoli, anfratti e grotte in cui è facile sporgere le famose regine del mare: le cernie. L’immersione va programmata con tempo buono anche perché è possibile scendere facilmente oltre i 40 metri di profondità.

Arcipelago della Maddalena (SS)
Secca di Budelli. Enormi massi granitici caratterizzano il paesaggio di questa secca ricca di vita e di colore. Tra gli anfratti è facile incontrare saraghi, ombrine e aragoste, ma non mancano le murene ed estese formazioni di gorgonia bianca. La profondità arriva a 30 metri. Nell’acqua limpida si muovono formazioni compatte di castagnole.

Marina di Orosei (NU)
Relitto KT12. Ci si immerge sul relitto di un cargo affondato dal sottomarino inglese Safari nel maggio del 1943. lo scafo giace ad una profondità di 34 metri. L’immersione e spettacolare perché molte parti della nave sono intatte, con le sagome di cannoni e mitragliere ancora ben visibili.

Isola di San Pietro (CA)
Scoglio del Corno. È un’immersione in mare aperto, lungo le pareti dello scoglio del Corno, di fronte alle altre scogliere di Capo Sandalo. Canaloni, anfratti, grotte e pareti verticali sono l’attrazione di una difficile immersione che scende repentinamente oltre i 50 metri. La corrente è quasi sempre forte e, quindi, si consiglia l’immersione in drift dive, lasciandovi cioè trasportare. Capita anche di incontrare grandi banchi di barracuda.

Capo Caccia (CA)
Grotta del Nereo. A 10 minuti di barca dalle Madonnine, è un’immersione spettacolare e impegnativa, perché la grotta, suddivisa in due ingressi, si dirama in quattro percorsi diversi, tutti suggestivi, specialmente quelli degli Archi di Nerone, e della Camera Grande, a meno di 36 metri.

I Dolci

Ogni festa, dell’isola, si associa ad un dolce. Ma alcune di queste delizie, benché appartengono a specifiche tradizioni locali, sono diventanti simboli dell’intera regione. Come le “seadas”, frittelle farcite di formaggio fresco inacidito, ricoperto di miele di corbezzolo, e zucchero a velo. I morbidissimi “amarettus” (amaretti), i “papassinas”, biscotti di Natale, dei rombi con sapa di mosto, uova uvetta, pinoli e noci; le “pardules” o “casciatine”, fagottini di ricotta e uva; gli “aranzadas” sono strisce di buccia d’arancia candita con mandorle tostate e miele. Originali sono pure le “caschettes” che si regalavano alla sposa nel giorno delle nozze.: sembrano rose bianche di sottile pasta sfoglia, contengono mandorle, sapa e scorza d’arancia grattugiata. Ci sono anche i “gueffus” o “suspiri”, palline di mandorle e fiori d’arancia.

giovedì, febbraio 09, 2006





Anche i Merdùles e i Boes di Ottana
hanno gli stessi giorni di festa, così come i balli, i canti, gli strumenti, i velli di pecora e i campanacci, delle feste di Mamoiada. A Ottana invece cambiano, oltre che i dolci, soprattutto le maschere, raffiguranti volti antropomorfi, i Merdùles, e zoomorfi, i Boes. Altrettanto momenti di quiete a fasi di grande concitazione, la pantomima suggerisce l’aggiogamento dei buoi che, condotti in coppia per le strade del paese, vengono continuamente pungolati dal bovaro, il Merdùle. Qui, la sfilata non ha proprio nulla della processione danzata e sincronica dei Mamuthones. Basta un attimo perché si scateni improvvisamente la follia: un Boe si getta per terra simulando la morte, un altro scalcia, sbuffa, muggisce, si avventa sul pubblico, in un gesto di ribellione estrema, in un frastuono assordante di campane. Per qualche minuto regna una confusione totale, fino a quando uno non invita a un brindisi collettivo. È la pace dei sensi, degl’animi, di cui spettatori e attori godono finalmente insieme. Intanto, sola e astratta dal resto della scena, si aggira “sa filonzana”, la filatrice vedova, raccolta nel suo scialle nero e con le forbici in mano, pronta a recidere il filo che pende dal suo fuso. Il filo della vita, s’intende, come un tempo facevano le Parche, figure ancestrali, depositarie del destino dell’uomo. Una presenza oscura e al tempo stesso esorcizzante, che diventa un monito per tutti.


Video: http://www.lamiasardegna.it/web/000/foto.asp?url=410/084-320

martedì, febbraio 07, 2006

Arti Antiche

A Mamoiada c’è l’unico laboratorio artigianale dove vengono ancora realizzate interamente a mano, le tradizionali maschere dei Mamuthones. I legni migliori per questo tipo di lavorazione sono quelli del pero, del ciliegio, dell’ontano e, soprattutto, del noce, il più malleabile in assoluto. Il pezzo di legno prescelto, lavorato solo dopo due mesi d’essiccazione, deve avere un diametro di almeno 20 centimetri, da cui poi si ricava una maschera larga in media 16, per un peso finale di circa 300 grammi. Una volta terminato il lavoro d’intaglio, il legno va poi bollito in acqua, per rendere più forte e resistente la materia.

lunedì, febbraio 06, 2006


L’anticarnevale avviene a Mamoiada, dove i Mamuthones e le loro maschere tragiche sono protagonisti di riti drammatici che non hanno nulla della festa




Gli autori sono venti, dodici Mamuthones, che rappresentano il simbolo della sconfitta, e otto i Issocadores, i vincitori, con in mano le funi della prigionia. Il palcoscenico è Mamoiada, paese simbolo della Barbagia, dove il più strano Carnevale del mondo si ripete tre o quattro volte all’anno: il 17 gennaio, (la notte di Sant’Antonio), quando, secondo la leggenda, il dio del fuoco pretende che si danzi in suo onore interno ai falò; poi si replica l’ultima domenica di carnevale, quindi il martedì grasso, e si concede una rappresentazione fuori stagione il 27 settembre per la festa di San Cosmo. Si è parlato di strano carnevale e in effetti quella di Mamoiada più che una festa è una mesta cerimonia, misteriosa, quasi tragica. Più giusta quindi la definizione di anticarnevale perché qui accade tutto il contrario di quanto avviene durante le folli giornate precedenti la Quaresima, che sono un’occasione per dare sfogo alla fantasia popolare, per sprigionare le passioni e l’allegria, per trasgredire. La cerimonia si ripete immutabile, da sempre: gli stessi costumi, gli stessi passi, gli stessi gesti difficili da interpretare, ma uguali da secoli.
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I Mamuthones hanno il volto coperto da una maschera tragica, dall’aspetto quasi grottesco, dipinta di nero e scolpita in legno dolce. Hanno anche la testa coperta da un fazzoletto violaceo legata sotto il mento e indossano gli abiti tradizionali del pastore, ma portano al rovescio la giacca di pelle di pecora nera, alla quale sono legati da trenta a quaranta campanacci, ben trenta chili.
Video vestizione: http://www.lamiasardegna.it/web/000/foto.asp?url=410/017-320
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L’Issocadore, il cui nome deriva da “sa soca”, la corda usata per catturare gli spettatori, ha un aspetto ovviamente più vivace: sopra la camicia di tela bianca, indossa al rovescio un corpetto rosso di tipo femminile. Bianchi sono anche, ma non sempre, i pantaloni. Sul capo, la tipica “berritta” nera sarda.
Video vestizione: http://www.lamiasardegna.it/web/000/foto.asp?url=410/020-320




Escono per le vie di Mamoiada i dodici Mamuthones, sfilano ordinati su due file tentando di rispettare (riuscendoci), con i loro lenti movimenti alternati a scatti improvvisi, delicate simmetrie. Si muovono invece con maggiore libertà gli otto Issocadore: procedono all’esterno delle due file di Mamuthones, mantenendo il loro passo, senza però fare il tipico saltello. Poi si spostano di scatto, vanno verso il pubblico, catturano alcuni spettatori con il loro “saco”. Per chi rimane imbrigliato, è segno di buon auspicio. A sera, quando la processione è finita, per le vie di Mamoiada si fa festa grande fino a notte fonda: come l’esplosione di gioia dopo la paura, quasi fosse la liberazione di un incubo.

Video: http://www.lamiasardegna.it/web/000/foto.asp?url=410/028-320

domenica, febbraio 05, 2006

Oristano

Oristano emerge dalla pianura della valle del Tirso, mescolando le sue case ai forti vitigni della Vernaccia, in mezzo agli stagni pescosi che costellano tutta la zona ampia del retroterra antistante il golfo, limitato a nord dalla favolosa penisola dei Sinis ed dal sud dal Capo Frasca. È una città assolata, dalle luci nette e dalle ombre dense, che riesce a suggestionare il visitatore per quell’atmosfera quasi esotica, con le palme e con le cupole piastrellate delle sue chiese, con le antiche case edificate con le pietre provenienti da Tharros, con i muri di mattoni di argilla cruda delle abitazioni periferiche, che con gli squarci fiammeggianti dei sui tramonti irripetibili. È qui, fra queste strade battute dal sole, fra queste mura, fra questi palazzi vetusti che si è scritta una parola decisiva nel corso della storia sarda. Oggi, la grossa borgata di un tempo si presenta come una città moderna, attrezzata, piena di vita e pulsante di attività, per questo l’ultima conquista di Oristano, é stata l’elevazione a Provincia.

venerdì, febbraio 03, 2006

Le spericolate, selvagge acrobazie a cavallo della Sartiglia.

La Sartiglia nel carnevale di Oristano è una corsa selvaggia ed emozionante. L’origine è una giostra militare saracena, appresa forse dai cavalieri cristiani della seconda crociata e importata in Europa nel XII secolo. Gli oristanesi se ne innamorarono quando videro le evoluzioni dei soldati di Pietro D’Aragona, nel 1323, coi quali dovettero vivere i nove lunghi mesi dell’assedio stretto attorno a Villa di Chiesa. Il nome è di derivazione spagnola, e per un secolo e mezzo, quella giostra così emozionante restò un gioco riservato ai cavalieri d’alto rango. Poi, col passare dei decenni, entrò nelle tradizioni del Carnevale e comparvero le maschere, forse per l’odio profondo che gli oristanesi avevano maturato nei confronti del dominio aragonese. E la partecipazione fu estesa a chiunque fosse in grado di compiere le spericolate acrobazie a cavallo, che ne sono l’aspetto più caratterizzante. La storia di Oristano d’altronde sembra essere rappresentata dal cavallo. Le altre due grandi manifestazioni folcloristiche della provincia, l’Ardia di Sedilo e “Sa carrela è nanti” di Santu Lussurgiu, non sono che emozionanti tornei per cavalieri mascherati per le vie del centro storico. In queste corse folli su percorsi mozzafiato si mettono in mostra giovani che spesso diventano i protagonisti del celebre Palio di Siena. Giovani di straordinaria abilità e prestanza, nati e cresciuti coi cavalli e capaci di compiere con essi qualsiasi impresa.

mercoledì, febbraio 01, 2006



I murales politici di Orgosolo

Fra le caratteristiche stradine del centro storico di Orgosolo si possono ammirare i famosi murales dipinti sulle antiche abitazioni alla fine degl’anni sessanta, in genere l’argomento sociale e politico, come quello rappresentato qui sopra; oppure altrettanto apprezzate, sono le linde case, intonacate di tenui colori pastello, con le loro porte e finestre intonacate nel bianco della calce.

lunedì, gennaio 30, 2006



La famosa roccia che sembra un Orso

Capo d’Orso: è questo il nome che, da secoli, viene data alla roccia granitica, alta sul promontorio che si affaccia sul mare di Palau e sullo sfondo di Caprera. La roccia, erosa dalle intemperie e dal vento, vista da lontano, ha una straordinaria somiglianza con un plantigrado dal capo rivolto verso il mare. La singolare “scultura” è la classica meta di escursionisti e fotografi dilettanti, provenienti da Palau, importante centro turistico, dotata di un’ottima ricettività alberghiera. Palau è anche il punto di imbarco dei traghetti in partenza per l’arcipelago della Maddalena.
C’è anche il pane Carasàu: è per l’esportazione

Il tipico pane “Carasàu” o “asàdu”, a sfoglia sottile come carta, biscottato, ridotto in strati quasi trasparenti, e anche decorati in particolari occasioni. È usato soprattutto nell’area settentrionale e nei paesi di montagna, quelli ad economia prettamente pastorale. Centri di maggiore produzione del “Carasàu”, ora confezionato per l’esportazione, sono sia nel Nuorese sia nei paesi del Logudoro.


domenica, gennaio 29, 2006


Pani di Pasqua

In occasione della Pasqua si realizzano numerosi pani decorati, alcuni con i simboli della Passione del Cristo, altri fioriti e con l’uovo a simboleggiare la Resurrezione.
La spiaggia più Sportiva

A Porto Pollo tira sempre il vento. E qui si danno appuntamento i surfisti di tutta Europa, indipendentemente dalla stagione. L’insenatura che i sardi confidenzialmente chiamano Porto Puddu giace alla foce del fiume Liscia, sulla costa nord, a 4 km da Palau (Ss). Teatro del windsurf professionale e amatoriale, dove il suo successo all’istmo di sabbia dorata che si allunga verso l’isola dei Gabbiani, creando due mari delle diverse qualità: se da una parte l’acqua è calma, dall’altra è mossa, e viceversa. Quindi, qualunque sia la condizione metereorologica, sono garantite sia l’indispensabile spinta alle vele, sia acque ferme ai bagnanti.
La spiaggia più Esotica

Bianca come borotalco, Brandinchi è una delle spiagge che meritano il soprannome “Tahiti”. La profonda insenatura, delimitata da una catena di dune su cui crescono i cigli selvatici e abbracciata da una pineta, si trova ha 8 km da San Teodoro, sotto la penisola di Capo Coda Cavallo, ancora Gallura nonostante si già provincia di Nuoro. I fondali bassi e sabbiosi, mettono in evidenza le trasparenza marine, che dall’azzurro chiaro virano al blu intenso, dando l’impressione di una spiaggia tropicale. All’orizzonte, la sagoma montuosa dell’isola di Tavolara, la cui mole, alta 500 metri, compare dietro il promontorio di Capo Coda Cavallo. Brandinchi è il regno dei bambini perché l’acqua, oltre che bassa, è quasi sempre calma, spesso immobile come quella della piscina. Dietro il cordone di dune che separa la spiaggia dal mare c’è uno stagno, oasi naturalistica nonché dimora di molte specie di uccelli d’acqua, compresi i fenicotteri rosa.

martedì, gennaio 24, 2006

La spiaggia più Bianca

In Sardegna le spiagge bianche non sono certo una rarità, ma la sabbia finissima di Porto Giunco, nel Cagliaritano, è addirittura abbagliante. Si trova all’interno dell’area marina protetta di Capo Carbonara, dove l’ultima volta in Sardegna, la foca monaca. La spiaggia è circondata da boschi di pini e segnata da due torri d’avvistamento spagnole, uno a Capo Carbonara e l’altra a Villasimius. Alle spalle della spiaggia c’è lo stagno di Notteri.

lunedì, gennaio 23, 2006

La spiaggia più Cinematografica

Su Giudeu è il proseguimento della spiaggia di Baia Chia, nel Sulcis, a una decina di chilometri da Domus de Maria (Ca). sulla costa sud, a Capo Spartivento, il luogo arenile di sabbia dorata è delimitato da una catena di dune. Di fronte, a pochi metri dalla costa, emerge l’isolotto di Su Giudeu, uno scoglio dove i gabbiani arrivano per farvi il nido. Questo ampio arenile che uno stagno sembra suddividere in piccole spiagge separate è, dai tempi del Carosello, location di storici spot pubblicitari. Il primo fu quello del bagno schiuma Vidal che aveva come testimonial un cavallo bianco al galoppo sulla battigia. A seguire si girano le scene delle conviviali chiacchierate da spiaggia con l’immancabile cono della Sanson in mano e più recentemente quella di una Porche che si arrampica arditamente sulle dune come fosse un fuoristrada. L’ultimo hollywoodiano per dispiegamento di mezzi e per lusso, è stato il lancio di Blu, il profumo di Bulgari. Per l’occasione è stato steso un tappeto rossa sulla spiaggia e costruita una piattaforma sull’acqua come piedistallo di un prototipo gigantesco della bottiglia di profumo, star della serata. Tolte le èquipe di ripresa e i relativi corredi, resta una splendida spiaggia a grande effetto scenografico, prediletta anche dagli appassionati di surf e di kite-surf. A Su Giudeu si arriva con la statale 195 che da Cagliari va verso Chia. Giunti all’altezza del Chia Laguna si svolta a sinistra seguendo le indicazioni.

giovedì, gennaio 19, 2006

La spiaggia più Mondana

Long Beach è il nome esotico che le fashion victims in Sardegna collocano subito in Costa Smeralda, a pochi chilometri dalla mecca di vip e vipwatchers. Il suo nome vero, in sardo, è Lisci Ruja. La grande mezzaluna di sabbia bianca che si tinge rosa verso la battigia è la spiaggia più grande e più “in” di Porto Cervo. Mondana lo diventa solo per due mesi, a luglio e ad agosto, quando arrivano gli ospiti chic del Cala Volpe; ma per il resto dell’anno, la sua natura è quella di un lido selvaggio, libero e solitario, circondato dal cisto e dal corbezzolo, dove razzolano i cinghiali. L’orizzonte non contempla case e costruzioni. Tutt’al più verso al mare è un continuo sfilare di panfili stratosferici dei danarosi vacanzieri che sul litorale si danno appuntamento dalla mattina al tramonto. Clou della stagione estiva è il beach party del 15 agosto, un evento per nottambuli e paparazzi. Durante la stagione dei bagni, il movimento intorno alla spiaggia richiama i venditori ambulanti che propongono costumi all’uncinetto, tatuaggi all’henné e vassoi di frutta fresca. Un consiglio: meglio arrivare dalla mattina presto, perché, quando il parcheggio della spiaggia è pieno, bisogna attendere che qualcuno se ne vada via.
La spiaggia più Musicale

Solo rocce rosse e bosco circondano Coccorocci, la più grande spiaggia di ciottoli dell’Ogliastra, nascosta dalle montagne. Ci si arriva da Bari Sardo seguendo le indicazioni per Marina di Gairo (Nu) e da lì si prosegue lungo la costa di porfido color fuoco, finchè la strada termina e diventa bianca. La spiaggia è costituita da sassi levigati, grandi come uova, che mossi dalle onde si assestano l’uno di fianco all’altro e suonano come nacchere senza ritmo. La spiaggia ha l’ aspetto di un luogo estremo e incontaminato perché, meglio di molti altri, regola l’emozione della lontananza da tutto, incorniciata dai monti Ferru e Cartucceddu che incombono sulla costa con altri sipari di rocce e fitte foreste, proteggendo il lido dalla vista di qualunque insediamento umano.

mercoledì, gennaio 18, 2006

La spiaggia più Desertica

La spiaggia di Piscinas pare un pezzo d’Africa soffiato dal maestrale sulla Costa Verde della Sardegna occidentale, su cui però si avvistano numerosi esemplari di cervi. Le dune mobili alte anche più di 50metri e ornata da contorti ginepri si estendono lungo l’arenile dorato, fino all’acqua, limpida e subito profonda. La larga spiaggia invita a lunghe passeggiate fino a Scrivu, un altro lido nascosto tra le colline di Capo Pecora. Fino agli anni cinquanta, la spiaggia era lo scalo di partenza dell’area mineraria di Montevecchio (Ca), infatti si possono vedere alcuni tratti di binari con i carrelli arrugginiti. Dell’area mineraria facevano parte anche i borghi di Ingurtosu e Naracauli, che abbandonati ormai da molto tempo, hanno assunto l’aspetto di siti di archeologia industriale. La spiaggia si trova a circa 25 chilometri da Arbus. Essendo molto grande, Piscinas non è mai sovraffollata, nemmeno ad agosto.

martedì, gennaio 17, 2006

La spiaggia più Gustosa

Gli algheresi la chiamano spiaggia della Speranza, per via della chiesetta costruita dai marinai nei dintorni, o Porto Pollina; ma il suo nome vero è Porto Poglina, come ci tengono a chiarire gli abitanti di Villanova Monteleone (SS), che ne rivendicano la pertinenza territoriale. Comunque la si voglia denominare, è una meta da non mancare sulla litoranea Alghero-Bosa. La sua fama si è espansa a machia d'olio.
La spiaggia più Panoramica.

In agosto la spiaggia "La Pelosa" non è molto frequentata. é addirittura presa d'assalto. Perciò, meglio evitarla, almeno fino al 15 settembre. In realtà l'assedio turistico finisce prima, ma per qualche giorno ancora i lidi paiono "consumati". Ci mette del tempo prima di cancellare l'usura e ricominciare ad assumere lo charme che le è proprio per 10 mesi all'anno. Solo allora si coglie appieno la sua bellezza, unica, con la seicentesca torre aragonese della Pelosa che delimita e da il nome alla spiaggia, e all'orizzonte, l'isola dell'Asinara che emerge da un mare azzurro come quello delle Maldive, dietro l'isola Piana. La Pelosa, ai piedi di Capo Falcone, si trova all'estremità nord-occidentale dell'isola. Due chilometri la separano dal borgo di Stintino (SS).



Veduta da "La Caldosa"
Trinità D'Agultu

domenica, gennaio 15, 2006




Pane di San Giovanni

Realizzato a Fonni in occasione della festa di San Giovanni (24 giugno), durante la quale è portato in processione, è successivamente spezzato il 29 agosto, giorno del martirio del Santo.

Pani di San Marco

In tutta l’area del Marghine, in occasione della festa di San Marco (25 aprile), si realizzano pani speciali decorati con uccellini e fiori. Benedetti e spezzati durante la festa vengono poi spezzati dai fedeli a protezione della famiglia, dei campi e del bestiame.

venerdì, gennaio 13, 2006

I costumi più ricchi di tutto il Mediterraneo

I costumi della Sardegna sono in genere molto colorati, impreziositi da ricami e da gioielli di ispirazione ispano-moresca, spesso anche in contrasto con la povertà dei paesi d’origine. Assai diversi l’uno dalla l’altro per vari elementi caratteristici, i costumi hanno motivi ricorrenti: in quelli femminili, il corpo è coperto da un velo, una cuffia o uno scialle; le gonne sono lunghe e plissettate, il grembiule è ricamato. Più uniforme il costume maschile, con berretto o “birritta”, corsetto, gonnellino, mastruca in orbace nero che è un tessuto di lana non sgrassata e tessuta a mano. L’assortimento dei costumi della Sardegna, il più vasto dell’area Mediterranea, è dovuto alla difficoltà di comunicazione del passato, che ha impedito la mistione degli abiti. Le sagre di ringraziamento ai santi hanno poi costituito occasioni di incontro tra i paesi dell’Isola presenti agli appuntamenti periodici nei loro costumi tradizionali contribuendo in tal modo alla loro conservazione.

Cabras
L'uomo porta berretto e corsetto neri d’orbace e gonnellino rosso; la donna un abito scuro con scialle.


Mamoiada
La caratteristica maschera di legno del mamuthones; sulla "mastruca" sono legati una trentina di campanacci.
Mamoiada
Nei riti del Carnevale, l'issocadore "rivale" dei Mamuthones ha in mano una corda per catturare prigionieri.


Monserrato
Scialle a frange sopra il capo, collare di pizzo che completa la camicia, gonna in bordatino a righe rosse e blu.


Cagliari
I costumi della sagra di Sant1Efisio, con l'uomo in gilet di broccato e la donna in rosso, blu e pizzo bianco.


Oristano
L'abito ricorda quello delle Baleari nell'uso del panno e del broccato e nel colore della gonna, rossa e oro.

giovedì, gennaio 12, 2006



Iglesias

I pantaloni corti e larghi e il gilet a bottoni sono di foggia iberica. sulla cintura un fazzoletto ripiegato.




Tempio Pausania
Realizzato in broccato nero, era l'abbito delle donne dei ceti sociali elevati. un velo bianco di pizzo circonda il viso.